Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge nasce dall'esigenza di aiutare tutte quelle famiglie alle prese con l'assistenza e la cura quotidiane di un familiare disabile grave. Se è pur vero che la legge 5 febbraio 1992, n. 104, sancisce il pieno rispetto della dignità umana e promuove i diritti di libertà e di autonomia delle persone disabili nonché la loro integrazione in tutti gli ambiti sociali, le difficoltà che incontrano le famiglie nell'assistenza di queste persone sono molteplici e non sempre i servizi offerti dall'assistenza pubblica sono sufficienti ad aiutare la famiglia nella gestione quotidiana del familiare disabile grave. Queste persone, se non vengono aiutate, non sono in grado di lavarsi, vestirsi, nutrirsi o partecipare alla vita sociale. Nella maggior parte dei casi il disabile in condizioni di gravità, e quando si parla di handicap grave questo non è mai un termine generico ma presuppone sempre una speciale condizione, certificata in base a una visita

 

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collegiale, che comporta per il disabile l'impossibilità di compiere «gli atti quotidiani della vita», dipende completamente dal familiare che si occupa di lui.
      Questo perché, a tutt'oggi, la famiglia costituisce ancora il perno su cui ruotano l'assistenza e la cura della persona diversamente abile. Infatti, nei nuclei familiari dove è presente un disabile grave, alla normale attività lavorativa esterna necessaria al sostentamento familiare si devono aggiungere la cura e l'assistenza quotidiane a colui che non è in grado di badare a se stesso. Come è evidente, quindi, il nucleo familiare costituisce, a un tempo, la collettività e il luogo nel quale il diversamente abile è assistito prevalentemente e in modo continuativo, con notevoli oneri economici, e non solo, a carico dei conviventi che se ne prendono cura. Del resto, molto spesso, la presa in carico del disabile da parte della famiglia è dettata non solo da ragioni puramente affettive, ma anche economiche, soprattutto per i nuclei familiari che non versano in condizioni economiche tali da potersi permettere l'aiuto di professionisti del settore o semplicemente un aiuto esterno anche non qualificato. Questo con l'andare del tempo provoca, sicuramente, il logoramento fisico e psichico delle persone a cui è affidata la cura del diversamente abile. Ecco dunque la necessità di prevedere per il familiare che, anche se svolge un lavoro esterno alla famiglia, si prende anche cura in modo stabile e continuativo della persona disabile all'interno della famiglia, la possibilità di andare anticipatamente in pensione, sempre che abbia versato almeno venticinque anni di contributi, di cui cinque anni in costanza di assistenza al familiare disabile (articolo 1, comma 1, della presente proposta di legge). Inoltre, sempre all'articolo 1, al comma 2, si prevede, per il familiare lavoratore, una contribuzione figurativa di due mesi per ogni anno di contribuzione effettiva, per un massimo di cinque anni, purché anche questa sia versata in costanza di assistenza al familiare disabile. I benefìci previsti all'articolo 1 si applicano a condizione che, all'interno del nucleo familiare, non vi sia un componente maggiorenne che, pur abile al lavoro, non svolga alcuna attività lavorativa e indipendentemente dall'attività lavorativa svolta dal familiare lavoratore, purché questi sia stabilmente convivente con la persona disabile.
      All'articolo 2 si prevede una contribuzione figurativa per quei genitori che, pur lavorando, prestano un'assistenza continua ai propri figli disabili.
      All'articolo 3, infine, si prevede per il familiare che assiste la persona disabile e che non abbia mai svolto un'attività lavorativa il riconoscimento di una contribuzione volontaria di venticinque anni oppure di cinque anni, con una contribuzione figurativa di due mesi per ogni anno di contribuzione effettiva per chi, pur avendola svolta, non abbia raggiunto i venticinque anni di contribuzione.
 

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